lunedì 26 gennaio 2015

RELAZIONE DELLA CIASPOLATA AL MONTE BEIGUA - SABATO 23 GENNAIO 2015




L’attesa è stata lunga, ma  il  mezzo  metro  di  neve  di ottima qualità e la giornata  eccezionalmente  bella,  ha  ben  ripagato Luciana, Mara, Serena, Giorgio, Mario  e  Paolo, che  in  tutta  fretta  hanno  potuto  organizzarsi. 
Anzi,  Serena  si  è portata sulle spalle, tutto il giorno, il suo  meraviglioso bimbo di due anni, Tiziano, biondissimo e buonissimo.  
 
                       
Contrariamente a quanto ci era stato detto, ad  un certo punto sull’asfalto persisteva un dito di neve, che la temperatura del mattino rendeva  gelata e infida.  Giorgio, con  gomme  da  neve,  si prestava gentilmente a fare un secondo viaggio dei restanti tre km. per portare  i tre occupanti e mezzo della macchina di Serena, che slittava.                                                 
Cielo terso e non un filo di vento. Che meraviglia la neve ancora intatta sul terreno e sulle piante. Un vero presepio!    
                                                
Si  parte  dalla  casermetta  accanto  alle  antenne. Sono  le  dieci,  ma  la giornata  sarà  ugualmente lunga  e  ben  spesa. Si va via bene, con la neve asciutta che fa crac-crac sotto le ciaspole.  A tratti, dai dossi più elevati, appare il mare luccicante e la lunga costa della  Riviera di Levante.  

Anche noi savonesi un po’ avvezzi a questi panorami, non possiamo fare a meno di soffermarci  spesso,  estasiati. 
Più  avanti  incrociamo  i  primi  dei  molti sciatori di un fuoripista-fai-da-te, ma esclusivo e in piena sicurezza.      “Non ci credo, non ci credo”,  esclama la Luciana, “non è possibile sciare ad un tiro di sasso dal mare !” Il sottoscritto, quasi obbligato, si fa una ricca documentazione fotografica per il piacere degli occhi dei parenti valtellinesi  della  Luciana. 
  
Intanto, però, gli altri quattro,  hanno preso un buon passo, e ci distanziano parecchio. 
Li raggiungiamo soltanto perché si sono fermati  per  ermettere  alla  Serena  di  dare una prima poppata al piccolo Tiziano, sempre sorridente e felice.  
                                          
Invece, il  decrepito  Paolo,  comincia  ad  accusare qualche  dolorino  alle anche.  Più  tardi  sarà costretto  a  fermarsi al rifugio. Anche la Luciana dice che le basta così, ma forse è per la troppa meraviglia.                    
Serena, Mara, Giorgio e Mario continuano sull’Alta Via, con  l’intenzione  di fare pranzo al sacco alla Cappella degli Alpini. 
                                           
Al Rifugio di  Pratorotondo c’è un mondo di gente.  Molte  giovani  famiglie con i bimbi, che finalmente  possono fare  i   pupazzi  e  giocare  a  palle di neve.
  
Per  pranzare  al  ristorante  si  fa  la  coda.  Il personale,  gentile e premuroso, regge bene l’ondata di superlavoro.  
  
                                                    
Dopo il pranzo ci godiamo il sole caldo,  sperando  di  portare  a  casa  una leggera tintarella.  Su un pendio, di fronte al rifugio, qualcuno  ha  battuto una pista di un centinaio di metri.  Ci sono due sciatori che ci si divertono, riuscendo  molto  abilmente  a  farsi  riportare  in  cima  dalla vela del loro parapendio, a  malapena  gonfia  dalla  brezza.
  
Nell’attesa  del ritorno del gruppo, che poi si è spinto fino in cima al  M. Rama, ci portiamo ai piedi del M. Sciguelo, da dove si gode il panorama verso ponente fino al Capo Mele e a nord fino oltre il Mondolè e l’Argentera: che spettacolo!

Sono  le  15,30  quando  ritornano  i  nostri  amici.  Dopo  un  grog  al  bar, ci avviamo verso la macchina  d i Giorgio, seguendo  la  strada.  C’è  un  bel groviglio di auto che si incrociano a fatica nella stretta striscia di asfalto. E c’è anche chi, per tornare a casa, è costretto a mettere la catene. 
              
Il tramonto,  oggi  di  mille  colori,  a sorpresa ci lascia vedere abbastanza nettamente la Corsica.  Per la Luciana è veramente troppo. La Mara scatta le ultime foto, ma con poca speranza: c’è veramente poca luce, ormai.   
   
Mario  scommette  che,  volendo fare  un  unico viaggio fino  all’auto della Serena,  potremmo riuscire a stare tutti quanti nella macchina di Giorgio, bagagli compresi. Giorgio non si rifiuta, e… Mario vince la scommessa. 

Come  sardine  in  scatola,  ma  ridendo  fino  alle  lacrime,  affrontiamo il trasbordo. 
    
Lasciamo  malvolentieri  alla  sua  mercé  un’auto  in  panne,  e strafelici ce ne torniamo a Savona. Tiziano ha imparato a chiamare “mare” quello che all’andata  chiamava  “acqua”.   Alla prossima dirà anche  “neve”.

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