venerdì 16 gennaio 2015

RELAZIONE GITA DELL' 11 GENNAIO 2015 - ANELLO DI VARIGOTTI




All’appuntamento siamo in dodici, e anche abbastanza puntuali: Gloria, Luciana, Elsa, Flora, Mariuccia, Loredana, Ivana, Samantha, Italo, Giovanni, Paolo Brignone, e l’altro Paolo, il sottoscritto.  A Varigotti ci aspetta al bar del borgo, la Natalia.  
               
Alle 9,45 ci incamminiamo sul sentiero che sale al promontorio, lato mare. Dalla torre di avvistamento ci ragguagliamo sul percorso da seguire.  Sul mare, macchie di sole filtrano tra le nuvole in promettente dissolvenza. La luce è giusta per far scattare le prime istantanee. 
Passando al lato monte, una crosa che sale ripida tra le case, ci porta ad imboccare il sentiero che si sviluppa tra le falesie aggettanti il Golfo dei Saraceni. Più avanti, un elegante viottolo fila diritto verso la chiesina di S. Lorenzo, che, in magnifica posizione, a sbalzo sul mare, si lascia ammirare “come nave in procinto di salpare” (Cardarelli). 

Che posto romantico! Persino Elsa e Italo, a guardali bene, sembrano più “cotti” di prima… Una bella targa testimonia il giusto merito con cui il Comune di Varigotti ha voluto intitolare questo viottolo a Don Giussani, l’iniziatore nel primo dopoguerra, della ristrutturazione, che ormai completata, rimane tuttora sotto tutela di una dedicata Associazione.  

Riprendiamo il cammino, e il sole, che ormai si è fatto caldo, ci rianima e… ci spoglia.  Un marinaio, nativo di questi luoghi, narra le sue disavventure di guerra con originali pannelli e stucchi in terracotta dipinta, decorando un tratto roccioso del percorso. 
 

La salita è adesso davvero ripida. La Gloria, che si è guadagnata la testa del gruppo, sol suo passo da bersagliera....... ci scoppia tutti quanti. 

Fortunatamente, ben presto la vegetazione a macchia, lascia il posto a ombrose piante d'alto fusto, e rifiatiamo un poco.
Si arriva così, dopo ore 1,30, alla vetta panoramica della prima falesia, e dopo un’altra mezz’ora, alla seconda. Prudentemente ma irresistibilmente, ci affacciamo da questi strapiombi per contemplare la risacca del mare di un incredibile verde bottiglia, che si frange 250 m. sotto di noi. Giovanni, con la sua Super-Nikon, impazza, e la Luciana, ma non solo lei che è valtellinese, appare rapita da tanta bellezza.  

Finalmente il sentiero spiana un po’, raggiungendo in breve la Torre delle Streghe, una costruzione di soltanto una dozzina di metri, ma senza accessi apparenti.  
 
 Però, lato mare, ha dei bei terrazzini, con ringhiera, fatti apposta per fermarsi a consumare il pranzo, nel dehor più bello del mondo. Seduto su uno spuntone, tra la Ivana e la Loredana, ci si scambia confidenze e dolcetti, godendoci il panorama. Sono le 13, e ce ne prendiamo un’oretta. 

La Natalia,  aggiunge alla diffusa euforia, generose sorsate spray di Genepy.  Machebello, machebello, commenta spesso la Luciana, e Giovanni, prontamente, immortala le sue espressioni beate.  In effetti siamo tutti entusiasmati dalla suggestione del posto, e dalla stupenda giornata di sole che ci  stiamo godendo insperabilmente.

Un sgambata sullo sterrato dell’altopiano delle Manie, 
ci concilia la digestione. Ci  portiamo per circa 700 m. verso ovest, per imboccare il sentiero del “territorio indiano”. 
Ci si domanda, senza convincenti risposte, perché questo percorso collinare abbia un nome tanto singolare. Incontriamo due fossati ricolmi di fango, con le orme fresche di cinghiali che vengono a rotolarvisi. Ma degli indiani, o dei bisonti, neppure l’ombra.  

La discesa, su fondo talora rovinato dal passaggio delle mountain-bike, ci impegna un po’, ma la Flora e la Mariuccia, sebbene a corto di allenamento, se la cavano benissimo. La Loredana, in gran forma, non molla la testa del gruppo, e in un’ora arriviamo a ridosso del borgo saraceno di Pino. 

Ma qui il sentiero è interrotto da una bella villa con parco, costruita da poco. Bah! Ci facciamo strada a fatica tra i cespugli per raggiungere una strada 10 m. più in basso, dove Paolo B. e la Samantha, ritrovano il segnavia del percorso, deviato a forza sull’asfalto.  Il borgo di Pino è tanto minuscolo quanto grazioso, lindo e silenzioso. I suoi pochi viottoli si snodano tra giardini ben curati e silenziosi. 

Giovanni e Luciana sono gli ultimi a raggiungere il gruppo, perchè, indisciplinati, si sono soffermati nel Borgo, e la Gloria.... mugugna.

Siamo finalmente sul lungomare, e ritorniamo verso  levante zigzagando tra le Deux Chevaux di un raduno d’auto d’epoca. 
E che tramonto! Giusto per finire in bellezza una giornata che solo la Liguria-fuori-stagione sa regalare.  Beati noi.
                                                       Paolo

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